La democrazia, mamma del populismo, è sempre incinta?

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di Marco Di Salvo

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Con un tempismo invidiabile la casa editrice Marsilio manda in libreria in questi giorni l’ultima produzione di un attento studioso della storia politica del nostro paese come il professor Giovanni Orsina*.

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L’agile volume (192 pagine), dal solleticante titolo “La Democrazia del Narcisismo”, scandaglia in modo impeccabile la nascita e lo sviluppo di fenomeni come l’antipolitica e il cosiddetto populismo, che l’autore ritiene connaturati al sistema democratico sin dal suo esordio e ne affronta con precisione chirurgica le specifiche peculiarità italiane (da Tangentopoli alla crisi dei partiti tradizionali odierna), senza però trasformarsi in un cahier de doleance, ma essendo una guida pressochè perfetta per affrontare al meglio i giorni, i mesi e, forse, gli anni che ci aspettano, dando al lettore anche gli strumenti per conoscere questi fenomeni dalla radice.

Ne pubblichiamo un estratto dall’introduzione:
“Ma se costoro hanno ragione, se è vero che la classe politica ha promesso e poi tradito, dobbiamo chiederci allora come possa aver avuto l’idiozia sesquipedale di prendere impegni che – felicità essendo parola complicata, e non potendo il massimo esser garantito a tutti – sono con ogni evidenza impossibili da mantenere. Se invece non è vero, se quella promessa non è stata pronunciata, come mai allora così tanti italiani credono di averla udita? E perché il ceto politico non ha fatto e non fa tutto quello che può per contrastare l’illusione?

Le pagine che seguono tenteranno di rispondere a queste domande. Nel primo capitolo cercherò di mostrare – partendo da Alexis de Tocqueville – come la promessa che tutti abbiano il massimo, ossia gli strumenti per raggiungere la felicità realizzando interamente e in piena autonomia il proprio progetto di vita, sia connaturato alla democrazia intesa non soltanto come sistema politico, ma come modello di società. Allo stesso tempo, però, la pretesa che quella promessa sia mantenuta sottopone il regime democratico a tensioni insopportabili.

Per conservarsi stabile e funzionale, allora, questo deve appoggiarsi a elementi strutturali o congiunture storiche che non soltanto non è in grado di produrre né controllare, ma che in molti casi contribuisce anzi a distruggere. La Prima guerra mondiale, così, disintegrando le strutture sociali e culturali dell’antico regime che erano riuscite a sopravvivere fino al Novecento, ha dato una spinta potente, neglianni venti e trenta, tanto all’affermarsi della democrazia quanto alla sua crisi. Al contrario, le contingenze storiche dei due decenni successivi al 1945 – la memoria dei due conflitti, la Guerra fredda, il miracolo economico – hanno contribuito a stabilizzare e irrobustire i sistemi rappresentativi in tutto l’Occidente.

A partire grosso modo dalla metà degli anni sessanta del secolo scorso, tuttavia, la promessa di felicità implicita nella democrazia si è divincolata dalle contingenze storiche che l’avevano fino ad allora contenuta. Il secondo capitolo di questo libro considera in quale modo la riaffermazione poderosa di quella promessa, che all’inizio era stata formulata in termini altamente politici, abbia in breve tempo portato all’affacciarsi di un nuovo soggetto assai poco adatto alla politica: il narcisista. L’affermarsi di questo tipo umano contribuisce a far appassire cinque dimensioni fondamentali dell’agire politico: potere, identità, tempo, ragione e conflitto. E non solo. A partire dagli anni settanta le élite politiche, di destra come di sinistra, cercano di prendere le misure alla nuova situazione storica. Convinte di trovarsi davanti a un’ondata inarrestabile, blandiscono il narcisista, gli danno quel che cerca.

Allo stesso tempo però, poiché è impossibile soddisfarlo del tutto, si sforzano di arginarlo, trasferendo il potere dalla politica verso istituzioni economiche, giudiziarie, tecnocratiche, spesso sovranazionali. L’operazione ha un senso, e forse in quella congiuntura non ci sono vere alternative. Ciò non toglie tuttavia che, così facendo, la politica col passare degli anni si vada rinchiudendo sempre di più in una tagliola micidiale: richieste crescenti da un lato, strumenti sempre più deboli e inefficaci con cui soddisfarle dall’altro. E in fondo alla trappola un’unica funzione residua da poter svolgere: quella del capro espiatorio.”

La Democrazia del Narcisismo – Giovanni Orsina – Marsilio Editore

*GIOVANNI ORSINA (Roma, 1967) è professore di Storia contemporanea e vicedirettore della School of Government all’Università LUISS «Guido Carli» di Roma. Editorialista della «Stampa», con Marsilio ha pubblicato L’alternativa liberale. Malagodi e l’opposizione al centrosinistra (2010) e Il berlusconismo nella storia d’Italia (2013).

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One Thought to “La democrazia, mamma del populismo, è sempre incinta?”

  1. Vincenzo

    Ma le ideologie (reliiose, sociali, economiche) nascono, crescono e muoiono o, comunque, vengono superate da altre ideologie e idee. Rimanere attaccati alla vecchia ideologia non è coerenza, ma solo conservazione. Non è una buona qualità, ma solo un’abitudine

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